Residenza fiscale delle persone fisiche

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Residenza fiscale delle persone fisiche

La residenza fiscale delle persone fisiche

Il tema della residenza fiscale assume un aspetto importante nella disciplina tributaria. Prima di analizzare gli aspetti rilevanti in tema di residenza fiscale in Italia, è necessario fare due osservazioni. In primo luogo va segnalato che avere la residenza fiscale in Italia significa, in base al principio definito worldwide taxation, che tutti i redditi conseguiti dal residente saranno tassati in Italia. La seconda osservazione è che, i profili di fiscalità internazionale non possono essere risolti alla luce della sola normativa interna di un Paese, proprio perché coinvolgono più ordinamenti tributario, ciò sta a significare che un contribuente potrebbe trovarsi con l’attribuzione di una doppia residenza fiscale in due paesi differenti e per tale ragione subire una doppia imposizione.

Al fine di evitare la doppia imposizione, e risolvere il problema della doppia residenza fiscale l’OCSE ha elaborato una serie di test (criteri), denominati tie breaker rules, che saranno esaminati in un altro articolo. Fatta questa premessa, passiamo ad esaminare come il nostro ordinamento riconosce la residenza fiscale in Italia.

Residenza fiscale in base alla normativa nazionale (TUIR)

La residenza fiscale delle persone fisiche è disciplinata dall’articolo 2 del TUIR, il quale stabilisce, al comma 2 che: ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

La norma in questione quindi individua tre criteri per stabilire la residenza fiscale in Italia delle persone fisiche, criteri che sono alternativi tra loro, ovvero non occorre che esistano tutti e tre ma ne basta semplicemente uno.

Per quanto riguarda il primo criterio, l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente, può essere considerato un criterio formale, ove, qualora il soggetto sia iscritto in tale anagrafe verrà a crearsi una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia, indipendentemente dal dato sostanziale, ovvero dal fatto che il contribuente possa essere effettivamente residente in un altro Paese.

Gli altri due requisiti fissati, rimandano al codice civile, ed in particolare all’articolo 43 che definisce i concetti di domicilio o residenza. Nel codice civile il domicilio è definito quale luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Il comma secondo dell’articolo 43 definisce invece la residenza quale luogo in cui una persona ha la dimora abituale.

I concetti di residenza e domicilio

Domicilio

Per quanto riguarda il domicilio, parte della giurisprudenza lo ha definito quale relazione giuridica tra una persona ed un luogo che prescinde dall’effettiva presenza fisica della persona nel luogo eletto quale domicilio.

Da ciò deriva che una persone può stabilire il luogo dei propri affari in una determinata città, o in un determinato Paese senza necessariamente presenziarvi stabilmente. Come statuito dalla Circolare dell’Amministrazione Finanziaria 304/1997, l’espressione “affari e interessi”presente nel codice civile, deve essere intesa in senso ampio, ovvero non rilevando solo gli interessi di tipo economico e patrimoniale, ma anche quelli morali e affettivi.

Si tratta di un aspetto molto importante, in quanto nell’epoca moderna non è infrequente che un determinato individuo possa avere “affari e interessi” in un luogo diverso rispetto a quello in cui sono presenti i propri affetti e dove si svolge gran parte della propria vita sociale. Da ciò deriva l’esigenza di definire dei criteri per poter stabilire quale sia il luogo del domicilio nel caso in cui il soggetto abbia interessi e affari economici in più località, o in più Paesi.

Parte della dottrina è d’accordo che i requisiti per individuare il luogo del domicilio, in tali circostanze possano essere sia qualitativi, che quantitativi, ove quelli quantitativi hanno il pregio di essere obiettivamente determinabili. Si pensi ad esempio al luogo in cui la persona consegua maggiori risultati economici, o dove svolga maggiormente la propria attività lavorativa, o ancora il luogo nel quale è presente la propria massa patrimoniale.

Residenza

Per quanto riguarda invece il concetto di residenza, l’elemento principale è la dimora abituale. Per dimora si intende il luogo in cui il soggetto permane stabilmente, ed in particolare quel luogo in cui è individuabile il così detto “centro vitale degli interessi” di un individuo, ove gli interessi non sono solo quelli di natura economica, ma quelli generali, e quindi affettivi e morali. A ben vedere, il concetto di residenza, potrebbe risultare sovrapponibile a quello di domicilio, ma va ricordato come nel caso del domicilio la giurisprudenza di merito, nel qualificarla quale relazione giuridica tra gli interessi ed un luogo, ha stabilito che non sia necessaria la presenza fisica dell’individuo.

La giurisprudenza nel marcare la differenza fra domicilio e residenza inoltre rileva che nel caso della residenza devono coesistere due elementi, ovvero quello oggettivo, cioè le permanenza stabile di un soggetto in un determinato luogo, e quello soggettivo, cioè la volontà di voler dimorare in quel luogo.

Calcolo della “maggior parte del periodo di imposta”

L’ulteriore requisito fissato dall’articolo 2 del TUIR, è il requisito temporale. Infatti è stabilito che il contribuente, deve avere il domicilio, la residenza o essere iscritto all’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta.

Occorre quindi determinare come si calcoli il “maggior periodo di imposta”. La circolare 201/1996 del Ministero delle Finanze ha stabilito che il calcolo dei giorni varierà a seconda che l’anno sia bisestile o meno, quindi nel primo caso i requisiti devono essere presenti per almeno 184 giorni nell’arco del periodo di imposta, mentre nel caso in cui l’anno non sia bisestile, il periodo sarà di 183 giorni.

L’OCSE ha elaborato il criterio per il calcolo dei giorni da tenere in considerazione per determinare se un contribuente abbia o meno varcato la soglia dei 183 o 184 giorni nel periodo di imposta.

Secondo le indicazioni contenute in tale documento e’ da ritener “i giorni di Presenza fisica dovrebbero essere calcolati includendo:

 - una frazione di giorno;
 - il giorno di arrivo;
 - il giorno di partenza;
 - i sabati e le domeniche se vengono trascorsi nello Stato in  cui l'attivita'
 viene esercitata;
 - i giorni festivi  se  vengono  trascorsi  nello  Stato  in  cui  l'attivita'
 e' esercitata;
 - i giorni di ferie  goduti  nello Stato  in  cui l'attivita'{lavorativa viene
 esercitata:
 a) prima dell'esercizio dell'attivita';
 b) durante l'esercizio dell'attivita';
 c) dopo la cessazione dell'attivita';
 - le brevi interruzioni all'interno  dello Stato  in  cui  le  attivita'  sono
 svolte;
 - i congedi per malattia, a meno che  tale malattia non impedisca alla persona
 di lasciare il Paese quando avrebbe avuto, altrimenti, diritto  ad  essere ivi
 esonerata dall'imposizione sui redditi da attivita' di lavoro dipendente;
 - i giorni trascorsi nel Paese  ove  e'  svolta l'attivita'  per  le  seguenti
 ragioni:
 a) decesso o malattia di un familiare;
 b) interruzione dovuta a scioperi o serrate;
 e) interruzione dovuta a ritardi delle consegne.
      Si e'  ritenuto invece di escludere:
 - la durata del tempo trascorso nel Paese in cui le attivita' sono esercitate,
 in transito tra due luoghi situati al di fuori di detto Paese, se la durata e'
 inferiore a 24 ore:
 - i giorni di ferie passate  al  di  fuori del Paese in cui sono esercitate le
 attivita';
 - le brevi interruzioni (per qualsiasi motivo avvengano) che hanno luogo al di
 fuori del Paese in cui si esercita l'attivita'.

Residenza fiscale e paesi a fiscalità privilegiata

Infine, la in tema di residenza fiscale va osservato il disposto del comma 2 bis dell’articolo 2 del TUIR, norma con finalità antielusiva. In particolare la citata norma stabilisce che Si considerano altresi’ residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Si tratta degli stati a fiscalità privilegiata, o altrimenti detti paradisi fiscali.

La presenza del comma 2 bis dell’articolo 2 del TUIR è molto importante, in quanto determina il rovesciamento dell’onere della prova, che quindi graverà sul contribuente, il quale dovrà dimostrare che il trasferimento di residenza in un paradiso fiscale non ha natura fittizia, ma presenta elementi sostanziali. Per quanto riguarda le tipologie di prove che il contribuente dovrà fornire in caso di richiesta da parte dell’Amministrazione finanziaria, sono libere, nel senso che potrà fare valere qualsia atto o fatto volto a comprovare l’effettiva residenza nel Paese estero.

Raffaele Marino
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