Prove della cessione intracomunitaria per la corretta applicazione del reverse charge

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Prove della cessione intracomunitaria per la corretta applicazione del reverse charge

Operazioni intracomunitarie: prove dell’uscita della merce dallo Stato italiano per la corretta applicazione del Reverse Charge (inversione contabile)

Al fine di applicare correttamente l’istituto dell’inversione contabile nelle operazioni intracomunitarie è necessario fornire prova che la merce ceduta ad un operatore UE in un altro Stato, è effettivamente uscita dallo Stato Italiano. In questo articolo affrontiamo quali sono gli elementi di prova secondo la prassi italiana.

Applicazione del reverse charge nelle operazioni intracomunitarie

Requisito essenziale affinché non si addebiti l’IVA nelle operazioni intracomunitarie B2B è che la merce sia effettivamente uscita dallo Stato italiano. A tal fine è opportuno in sede di eventuali controlli dare prova che la merce fattura in reverse charge (o inversione contabile) che effettivamente la merce sia stata consegnata al di fuori del territorio italiano. Qualora questa prova non sia fornita, le cessioni sono considerate a tutti gli effetti come operazioni internet, e pertanto qualora non sia stata applicata l’IVA, l’Agenzia delle Entrate procederà con il suo recupero.

La normativa europea è intervenuta solo di recente al fine di individuare quali mezzi di prova possono essere utilizzati dal contribuente per dimostrare che la merce è effettivamente uscita dallo Stato, fermo restando la possibilità che gli strumenti previsti dal Regolamento Comunitario in vigore dal 1 gennaio 2020 costituiscono una presunzione relativa, ciò significa che le autorità fiscali nazionali potranno utilizzare ogni mezzo per provare che le merci non sono uscite dallo Stato nazionale, e quindi sanzionare il contribuente. In assenza di norme specifiche indicate sia a livello nazionale che a livello Europeo (prima dell’emanazione del citato Regolamento), è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con diversi documenti di prassi, e pronunciandosi su interpelli proposti da contribuenti stante la forte incertezza circa le prove dell’uscita delle merci dallo Stato italiano. Di seguito si riassumono i documenti che devono essere raccolti e conservati dal contribuente che effettua cessioni di beni intracomunitarie.

Strumenti di prova in base alla prassi dell’Agenzia delle entrate

In base alla prassi italiana, In particolare, secondo la risoluzione n. 345/E del 2007, al fine di dimostrare l’avvenuta spedizione di merci in altro paese comunitario, occorre conservare la seguente documentazione fiscale e contabile:

– la fattura di vendita all’acquirente comunitario;

– gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate; – il documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e/o dal destinatario per ricevuta;

– la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce.

Quindi per le cessioni intracomunitarie sarà opportuno creare uno specifico fascicolo contenente le informazioni sopra indicate.

Recentemente è entrato in vigore il Regolamento Comunitario, applicabile a partire dal 1 gennaio 2020, che fornisce ulteriori indicazioni circa le prove che devono essere apportate dal contribuente per dimostrare l’effettiva uscita delle merci dallo Stato italiano, e quindi la corretta applicazione del reverse charge. Gli strumenti di prova stabili dal Regolamento Europeo sono affrontati in questo articolo

Raffaele Marino
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