Iscrizione all’AIRE e residenza fiscale: quando l’iscrizione all’AIRE non è sufficiente a far perdere la residenza fiscale in Italia

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Iscrizione all’AIRE e residenza fiscale: quando l’iscrizione all’AIRE non è sufficiente a far perdere la residenza fiscale in Italia

Iscrizione all’AIRE

In questo articolo, dedicato al tema della fiscalità internazionale, parliamo dell’iscrizione all’AIRE e della sua importanza. Inoltre esaminiamo alcune delle recenti sentenze in tema di residenza fiscale ed iscrizione all’AIRE.

Come stabilito dall’Articolo 2 del TUIR si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

L’iscrizione all’AIRE rappresenta un requisito fondamentale per perdere la residenza fiscale in Italia. Infatti, anche qualora si sia acquisita la residenza o il domicilio in uno Stato estero, senza l’iscrizione all’AIRE si manterrà  la residenza fiscale in Italia.

Per approfondire il tema relativo alla residenza delle persone fisiche si rimanda al relativo articolo.

Insufficienza dell’Iscrizione all’AIRE ai fini della perdita della residenza fiscale in Italia

Sebbene l’iscrizione all’AIRE rappresenti un elemento necessario per perdere la residenza fiscale italiana, questo da solo non è sufficiente.

Infatti, occorre che oltre il requisito formale, rappresentato dall’iscrizione all’AIRE, vi siano aspetti sostanziali. Il contribuente dovrà essere in grado di dimostrare che ha realmente trasferito il proprio centro di interessi vitali in un’altro Stato. 

Per centro di interessi vitali, si intendono tutti gli interessi di un individuo che ricadono nella sfera economica, personale e affettiva, i quali dovranno essere localizzati al di fuori dello Stato Italiano.

Questo aspetto emerge da diverse sentenza tributarie. Di seguito si riportano due recenti sentenze in materia.

Sentenze tributarie concernenti l’iscrizione all’AIRE

SENTENZA DEL 5/02/2018 N. 28/3 – COMM. TRIB. REG. FRIULI VENEZIA-GIULIA

Non basta l’iscrizione all’AIRE per non essere considerato fiscalmente residente in Italia

La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi essere dimostrati con ogni mezzo di prova. In base a tale principio, a più riprese ribadito anche dalla Suprema Corte (sentt. nn. 14434/2010, 24246/20117, 29455/2008), i giudici della CTR triestina hanno affermato che l’iscrizione all’AIRE costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per  essere considerato fiscalmente non residente in Italia.

Nel caso in esame i giudici hanno ritenuto che la presenza di familiari in Italia, la disponibilità di un’abitazione, la frequenza di scuole italiane da parte dei figli, i legami amministrativi con le autorità pubbliche e sociali siano tutti elementi idonei a provare che il “centro” degli interessi familiari e sociali del contribuente fosse l’Italia.

SENTENZA DEL 6/04/2017 N. 574/4 – COMM. TRIB. REG. PER IL PIEMONTE

Non basta l’iscrizione all’AIRE per escludere la residenza fiscale in Italia

Nonostante l’articolo 2, comma 2 del Tuir consideri residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta siano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o abbiano nel territorio statale il domicilio o la residenza, l’iscrizione all’AIRE non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia. In tal senso si sono espressi i giudici della CTR piemontese, i quali, in linea con le più recenti pronunce in merito della Suprema Corte, hanno osservato come la giurisprudenza abbia inteso dare impulso “al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed effettivi della persona, identificabili nella sede principale dei suoi affari e degli interessi economico-patrimoniali” quale criterio di individuazione della residenza fiscale di un individuo (Cass. nn. 12311/2016 e 9723/2015).

Nel caso di specie, infatti, l’Ufficio, dopo aver provato numerose circostanze attestanti l’intenzione del contribuente di voler conservare in Italia il proprio domicilio fiscale, pur avendo formalmente attestato la propria residenza estera da oltre 20 anni, ha giustamente provveduto a riprendere a tassazione i redditi da questi percepiti.

 

Raffaele Marino
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