Residenza fiscale e Aire

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Residenza fiscale e Aire

Residenza fiscale e AIRE

In questo articolo affronto un tema molto caro agli Expats: la relazione che unisce la residenza fiscale italiana e l’AIRE. In particolare sarà esaminata una sentenza della Corte di Cassazione. Il caso riguarda una persona che, trasferitasi all’estero, nello specifico in UK, ha effettuato tardivamente l’iscrizione all’AIRE.

Come noto, uno requisiti determinante la residenza fiscale in Italia, è proprio l’iscrizione nell’anagrafe dei soggetti residenti. Pertanto quanto stiamo pianificando un trasferimento all’estero, che sia di tipo duraturo, una delle pratiche da affrontare è sicuramente l’iscrizione all’AIRE. Infatti con l’iscrizione all’AIRE ci si cancella dall’anagrafe della popolazione residente.

L’iscrizione all’AIRE però non è sufficiente a determinare la perdita della residenza fiscale in Italia, in quanto bisognerà verificare l’esistenza dei requisiti sostanziali. L’argomento può essere approfondito negli articoli: “Residenza fiscale delle persone fisiche”, Iscrizione all’AIRE e residenza fiscale: quando l’iscrizione all’AIRE non è sufficiente a far perdere la residenza fiscale in Italia.

In questo articolo si vuole esaminare il ruolo dell’iscrizione all’AIRE alla luce di una recente sentenza della Corte di Cassazione. L’esigenza di esaminare tale sentenza ha la funzione di sensibilizzare maggiormente verso l’importanza dell’AIRE nel trasferimento della residenza fiscale. 

Mancata iscrizione all’AIRE e presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia

La vicenda riguarda un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza nel Regno Unito, a partire dal periodo di imposta 2006. Tuttavia la sua iscrizione all’AIRE è stata tardiva, in quanto è avvenuta solo nel 2014.

Il cittadino in questione ha fornito prova della propria residenza nel Regno Unito, dimostrando non solo di avervi stabilito la residenza, ma anche di svolgere attività professionale e di pagare regolarmente le imposte in Gran Bretagna. 

Il cittadino in questione, pur avendo vinto il giudizio in secondo grado, con sentenza favorevole emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, ha dovuto soccombere in Cassazione. 

La sentenza della Cassazione, che ha riconosciuto la residenza fiscale in Italia del contribuente in questione, si allinea ad una giurisprudenza consolidata della stessa Corte. Nella sentenza si legge che: va dato seguito alla giurisprudenza della Corte, secondo cui le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’articolo 2 del DPR 917/1986, in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi di imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’estero, non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano (vedi Cassazione 677/2015, 14434/2010, 9319/2006).

Critiche alla posizione della Corte di Cassazione

La posizione della Corte di Cassazione, in tema di iscrizione all’AIRE, appare troppo “rigida”. Benché l’articolo 2 del TUIR preveda che sia considerato residente chi per più di 183 giorni l’anno sia iscritto nell’anagrafe della popolazione residente, un’interpretazione eccessivamente letterale della norma può essere in contrasto con i principi del nostro sistema tributario. 

Infatti, il contribuente che abbia materialmente trasferito la propria residenza all’estero, anche se non ha proceduto con l’iscrizione all’AIRE, sarebbe, ai fini della sua capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione), equiparato ad un residente.

Inoltre va considerato, che alla luce delle convenzioni contro le doppie imposizioni, i criteri indicati per stabilire la residenza fiscale in uno Stato contraente, sono: la residenza, il domicilio o altri criteri analoghi. L’eccessivo peso dato dalla Corte al requisito formale, appare in contrasto anche con la normativa convenzionale.

Possibili sviluppi futuri circa la residenza fiscale e l’iscrizione all’AIRE

In prospettiva si intravedono dei possibili cambiamenti. Un segnale può essere colto nella normativa che disciplina gli incentivi fiscali per i rimpatriati. Si tratta in particolare del Decreto Legislativo 147/2015. Infatti tale decreto legislativo ha previsto la possibili di estendere i benefici fiscali anche ai soggetti che non hanno proceduto con l’iscrizione all’AIRE. L’introduzione di questa norma, può rappresentare un primo passo verso il cambiamento dell’approccio adottato dalla Corte di Cassazione in materia di iscrizione all’AIRE.

Raffaele Marino
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