Incentivi fiscali per impatriati

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Incentivi fiscali per impatriati

Incentivi fiscali per impatriati

Incentivi fiscali per impatriati

In questo articolo voglio affrontare un tema molto importante per gli  Expats: gli incentivi fiscali per impatriati. Purtroppo, come gran parte delle norme italiane, la normativa è confusionale. Le ragioni sono principalmente due: una stratificazione nel tempo della normativa; l’utilizzo di termini infelici da parte del Legislatore.

A tal proposito, prima di entrare nel merito mi preme di fare due osservazioni.

La prima è che, benché nel DL 34/2019 (norma che di recente ha modificato il regime fiscale di favore), faccia riferimento al “rientro dei cervelli”, gli incentivi si riferiscono ai lavoratori in generale. L’utilizzo rientro dei cervelli infatti potrebbe trarre in inganno, facendo pensare che i destinatari del regime debbano avere particolari titoli di studio.

La seconda osservazione riguarda il titolo dell’articolo 16 del dlgs 147/2015 intitolato “regime speciale per lavoratori impatriati”. Infatti la norma non è destinata ai soli r-impatriati, ma a tutti i lavoratori che trasferiscono la residenza fiscale in Italia. Anche in questo caso, l’utilizzo del termine impatriati, rischia di creare confusione.

Cercherò in questo articolo di essere molto schematico, semplificando il più possibile.

Incentivi fiscali per rimpatriati il D.Lgs 147/2015

Finalità degli incentivi

Come già intuibile dalla premessa, le finalità degli incentivi sono in primo luogo favorire il rientro dei nostri connazionali trasferitisi all’estero, ma anche attrarre capitale umano straniero. Si pensi a studenti  stranieri che decidono di stabilirsi in Italia,o cittadini stranieri che decidono di avviare un business in Italia. Con questi incentivi si cerca di dare risposte alle emigrazioni massive di italiani all’estero, ma anche di rendere più attrattivo il nostro Paese per cittadini stranieri.

Il DL 34/2019 e l’ampliamento degli incentivi fiscali per impatriati

Il testo normativo di riferimento è il Decreto legislativo 147/2015. Il regime speciale consiste in un’esenzione parziale dei redditi, a determinate condizioni, per coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia. Di recente tali incentivi sono stati modificati dal DL 34 del 30 aprile 2019. Il DL 34/2019, denominato “decreto crescita”, ha ampliato la platea di soggetti beneficiari, “allentando” alcuni parametri. Pertanto andiamo a vedere la disciplina Dlgs 147/2015, aggiornata al DL 34/2019.

Requisiti e durata del regime di vantaggio per i impatriati

Il comma 1 dell’articolo 16 stabilisce un’esenzione del 70% dei redditi conseguiti in Italia.

I redditi che rientrano nell’esenzione sono: redditi di lavoro autonomo, redditi di lavoro dipendente, e per i redditi assimilati al lavoro dipendente.

Affinché si possa beneficiare dell’esenzione devono ricorrere le seguenti condizioni:

a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento della residenza fiscale in Italia, e si impegnano a risiedere in italia per almeno due anni;

b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.

Il successivo comma 1-bis estende il regime di favore anche ai redditi di impresa, per i soggetti che, avendo i requisiti sopra citati, avviano un’impresa in Italia a partire dal 2020.

La durata del regime di vantaggio vale dal periodo di imposta in cui avviene il trasferimento in Italia della residenza fiscale, e per i quattro periodi di imposta successivi.

Condizioni particolari per alcuni impatriati

Il Dl 34/2019 ha fissato un estensione del regime agevolato a cinque anni successivi il trasferimento della residenza fiscale per i soggetti che possiedono ulteriori requisiti. Ovvero:

A) per i lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo. 

B) Lavoratori che diventano  proprietari di almeno una unità immobiliare residenziale in Italia, successivamente al trasferimento, o nei dodici mesi precedenti il trasferimento. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore, o dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In entrambi i casi A) e B), i redditi conseguiti in Italia godono dell’esenzione al 50% per l’anno di imposta del trasferimento della residenza fiscale in Italia, e per i 5 successivi periodi di imposta. Pertanto da un lato c’è un ampliamento della durata del regime di favore (da 4 a 5 anni successivi al trasferimento). Dall’altro si ha una riduzione dell’esenzione dei redditi (dal 70% al 50%).

Condizioni più favorevoli sono fissate per i lavoratori con almeno 3 figli minorenni o a carico, anche in affidamento preadottivo. In questo caso, i redditi contribuiranno alla formazione del reddito complessivo, solo al 10% (esenzione del 90% quindi).

Cittadini non iscritti all’AIRE ed incentivi fiscali per impatriati

Ulteriore aspetto interessante, è la possibilità di beneficiare del regime agevolato anche per coloro che, pur avendo trasferito la residenza fiscale all’estero, non abbiano proceduto all’iscrizione all’AIRE. L’iscrizione all’AIRE quindi non è rilevante per la normativa agevolativa. Tuttavia occorre prestare attenzione, perché questa estensione rischia di generare contenzioso con l’Agenzia delle Entrate in tema di trasferimento della residenza fiscale.(Vi sono già casi ove, proprio in tema di incentivi fiscali per impatriati, l’Agenzia delle Entrate ha contestato l’effettività del trasferimento della residenza fiscale, proprio per assenza di iscrizione all’AIRE!)

Resta fermo, che comunque chi intende beneficiare del regime agevolato, e non è stato iscritto all’AIRE deve comunque essere in grado di provare di aver avuto la residenza fiscale all’estero, secondo quanto stabilito dal modello delle convenzioni contro le doppie imposizioni. 

A tal proposito mi preme fare due osservazioni.

  1. l’estensione risulta inapplicabile qualora si abbia avuto la residenza in uno Stato con il quale non è stata stipulata una Convenzione.
  2. In realtà il Modello Convezionale OCSE, ampiamente utilizzato dall’Italia, in tema di residenza fiscale, si limita a rimandare alle normative interne dei due Stati contraenti. Ad ogni modo nel modello convenzionale è indicato che i criteri di riferimento delle normative nazionali, per determinare la residenza fiscale  sono: “il domicilio, la residenza ed altri criteri analoghi”. (Consiglio la lettura del presente articolo in materia di residenza fiscale e iscrizione all’AIRE, per comprendere l’orientamento della Corte di Cassazione sulla “questione” AIRE)

 

 

Raffaele Marino
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