Lavoro autonomo occasionale

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Lavoro autonomo occasionale

Tirocinio in finanza agevolata

Quale disciplina fiscale si applica al lavoro autonomo occasionale? Lo scopriamo in questo articolo.

Come introduzione a questo articolo, occorre fare una distinzione tra il lavoro autonomo occasionale, ed il contratto di lavoro occasionale, chiarendo già da adesso che si tratta di due fattispecie differenti. Infatti, la prima è disciplinata dalla L’art. 44, c. 2 del D.L. 269/03, convertito in L. 326/03, e riguarda le prestazioni offerte occasionalmente che ricadono nell’ambito dell’articolo 2222 del codice civile ovvero quando l’attività è svolta in assenza di un vincolo di subordinazione, mentre i contratti di lavoro occasionale possono essere utilizzati quando la prestazione occasionale è svolta sotto la direzione altrui, ed è assimilabile al lavoro dipendente.

Il lavoro autonomo occasionale si rifà al contratto d’opera, ovvero: quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione nei conforntCi del committente. I soggetti che prestano lavoro occasionale non sono tenuti all’apertura della partita IVA, e non sono sottoposti agli obblighi previdenziali sino al raggiungimento di un reddito fiscalmente imponibile di 5.000€ in un anno solare. Superata questa soglia dovranno fare richiesta di partita IVA, ed iscriversi alla gestione separa INPS. Le prestazioni di lavoro autonomo occasionale si distinguono dai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, sia a progetto che non, in ordine ai seguenti elementi:

  • a completa autonomia del lavoratore circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro, dato il mancato potere di coordinamento del committente;
  • la mancanza del requisito della continuità, dato il carattere del tutto episodico dell’attività lavorativa;
  • il mancato inserimento funzionale del lavoratore nell’organizzazione aziendale.

I redditi conseguiti attraverso il lavoro autonomo occasionale sono qualificati come redditi diversi ai sensi dell’articolo 67 del TUIR[1]. Inoltre l’articolo 71 comma 2 del TUIR permette di dedurre dal reddito derivante dal lavoro autonomo occasionale le spese direttamente inerenti con le prestazioni svolte. Ciò significa che la base imponibile potrà essere ridotta, a fronte di spese documentate, che presentano una connessione con le attività svolte in maniera autonoma e occasionale, ricordando che spetterà al contribuente dimostrare l’inerenza delle spese dedotte. Occorre comunque fare attenzione a questo aspetto in quanto, qualora i redditi conseguiti derivino da una pluralità di prestazioni svolte nei confronti di diversi soggetti, e le spese portate in deduzione  non siano riconducibili ad una singola prestazione ma bensì rappresentino una base comune alle singole prestazioni, tale situazione potrebbe portare a qualificare il reddito come derivante dallo svolgimento di attività economica abituale (di impresa o professionale a seconda dei casi), rendendo necessaria l’apertura della partita IVA, e l’iscrizione alla gestione previdenziale. Un esempio potrebbe essere quella di una persona fisica che offre prestazioni di designer per siti web, e porti in deduzione le spese connesse ad un software, computer, connessione internet ecc…

Occorre ricordare che il lavoratore autonomo dovrà emettere una ricevuta all’incasso delle somme pattuite, e laddove il committente sia un soggetto dotato di partita IVA, dovrà essere operata una ritenuta del 20% dal compenso[2]..

I soggetti che effettuano la ritenuta d’acconto dovranno, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di emissione della ricevuta, consegnare al percettore dei compensi, la certificazione unica che attesta il versamento della ritenuta a titolo di acconto. Tale ritenuta infatti altro non è che un anticipo sulle imposte IRPEF che il lavoratore autonomo (in questo caso occasionale) dovrà pagare. La consegna della certificazione unica quindi è fondamentale per poter effettuare lo scomputo in sede di dichiarazione delle somme che non sono state incassate. La dove il committente non proceda all’invio della certificazione unica, occorrerà procedere con un sollecito. La dove la certificazione non venga inviata al lavoratore, anche a seguito del sollecito, lo scomputo potrà avvenire solo laddove lo stesso lavoratore sia in grado di provare di non aver incassato tale somma, non essendo sufficiente l’esibizione della ricevuta che riporta l’applicazione della ritenuta, ma occorrerà dimostrare che tali somme non sono state incassate. Tale prova risulta difficile qualora i compensi siano pagati in contanti, diversamente sarà più agevole qualora i pagamenti avvengano con mezzi di pagamento tracciabili, quali ad esempio i bonifici (vedi approfondimento) .

Occorre ricordare che qualora siano emesse fatture per un importo superiore 77,47€ occorre apporre sulle stesse una marca da bollo del valore di 2€. A tal proposito va ricordato che qualora la marca non sia apposta, la responsabilità è congiunta tra il soggetto emittente il documento, in questo caso la ricevuta, ed il soggetto che riceve tale documento. Potrà anche accadere che il prestatore apponga la marca da bollo, e l’addebiti al committente nella ricevuta[3].

Ai fini dichiarativi e possibile presentare il modello 730 dove tali redditi andranno riportati nel quadro D5 ovvero il quadro relativo ai redditi derivanti da lavoro autonomo svolto occasionalmente, e andrà compilata la casella 1 riportando il codice 2. Le ritenute subite devono essere indicate nel quadro D5 colonna 4.

[1]In particolare l’articolo 67 comma 1, lettera l) del TUIR: redditi derivanti da attività di lavoro autonomo, non esercitate abitualmente o dall’assunzione di obblighi di fare di non fare e di permettere.

[2]La ritenuta non è applicata qualora il committente sia uno dei soggetti indicati all’articolo 73 del TUIR lettera c), qualora l’ammontare del compenso non sia superiore a 25,82€ salvo che tale somma non costituisca un acconto di maggiori compensi. Si tratta dei compensi pagati da enti  pubblici e privati non  aventi per   oggetto esclusivo  o principale l’esercizio di attivita’ commerciali che hanno  nel territorio  dello Stato la sede legale o amministrativa o l’oggetto principale.

[3]Sono obbligati in solido per il pagamento dell’imposta e delle eventuali sanzioni amministrative: 1) tutte le parti che sottoscrivono, ricevono, accettano o negoziano atti, documenti o registri non in regola con le disposizioni del presente decreto ovvero li enunciano o li allegano ad altri atti o documenti; 2) tutti coloro che fanno uso, ai sensi dell’art. 2, di un atto, documento o registro non soggetto al bollo fin dall’origine senza prima farlo munire del bollo prescritto. [2] La parte a cui viene rimesso un atto, un documento o un registro, non in regola con le disposizioni del presente decreto, alla formazione del quale non abbia partecipato, è esente da qualsiasi responsabilità derivante dalle violazioni commesse ove, entro quindici giorni dalla data del ricevimento, lo presenti all’Ufficio del registro e provveda alla sua regolarizzazione col pagamento della sola imposta. In tal caso la violazione accertata soltanto nei confronti del trasgressore.

Raffaele Marino
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