Fiscalità internazionale: Quali condizioni determinano la residenza fiscale in Italia?

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Fiscalità internazionale: Quali condizioni determinano la residenza fiscale in Italia?

In questo articolo trattiamo l’argomento della residenza fiscale, molto importante per gli “Expat”, in quanto è un principio fondamentale per poter sapere dove devono essere adempiuti gli obblighi tributari, sia formali che sostanziali. Prima di addentrarci nella tematica, se interessato puoi aggregarti al gruppo tematico nella Community di 1firstclass.com cliccando sul presente link

Il processo di globalizzazione e la mobilità internazionale delle persone, hanno importanti effetti sulle norme giuridiche applicabili ai contribuenti, specie quando riguardano redditi caratterizzati da transnazionalità. Elemento cardine del diritto tributario internazionale, è sicuramente la residenza fiscale, in quanto in base a tale requisito i soggetti dovranno tassare i propri redditi in un determinato Paese, applicando le norme tributarie di quel Paese. La conoscenza dei principi giuridici nazionali ed internazionali, alla base della determinazione della residenza fiscale in Italia, rappresentano il punto di partenza per tutti quei soggetti che stanno pianificando un trasferimento all’estero, al fine di evitare spiacevoli situazioni, quali ad esempio il contenzioso con il fisco italiano. Benché la materia sia complessa, in  questo articolo cerco di fornire delle informazioni, che saranno utili a tutti quei contribuenti di nazionalità italiana che stanno pensando di trasferirsi all’estero o che si sono già trasferiti, o ancora di nazionalità estera che stanno pensando di trasferirsi in Italia.

La residenza fiscale nel sistema tributario italiano è disciplinata dall’articolo 2 del TUIR, il quale al secondo comma prevede che: ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

I requisiti da considerare affinché la residenza fiscale sia in italia sono quindi tre:

  • Iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente;
  • Domicilio civilistico in Italia;
  • Residenza civilistica in Italia;

In prima battuta va sottolineato che i tre requisiti appena indicati sono tra loro alternativi e non cumulativi, ciò significa che basta la presenza di uno di essi affinché la persona fisica sia considerata fiscalmente residente in Italia.

Per quanto riguarda il primo requisito, ovvero l’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente, questa automaticamente comporta la residenza fiscale in Italia. Si tratta di un requisito formale, che però genera una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia. In buona sostanza da ciò deriva che anche qualora una persona fisica si sia trasferita all’estero in maniera permanente, ed abbia stabilito in un altro Paese il “centro vitale dei propri interessi” qualora non abbia proceduto con la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente, e la contestuale Iscrizione all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero), sarà comunque considerata fiscalmente residente in Italia. La conseguenza sarà che il contribuente che versi in questa situazione, dovrà continuare a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, e dovrà  pagare in Italia le imposte su  tutti i redditi ovunque prodotti, applicando il principio di diritto tributario interno noto come World Wide Principle.

Per quanto riguarda gli altri due requisiti, ovvero il domicilio e la residenza, la norma di riferimento è l’articolo 43 del Codice Civile. In particolare il domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Il secondo comma dell’articolo 43 definisce la residenza quale luogo in cui una persona ha dimora abituale.

Tralasciando il dibattito esistente in dottrina circa il domicilio e la residenza, si può affermare che il domicilio è il luogo in cui un soggetto pur avendo stabilito la sede dei suoi affari, non vi presenzia necessariamente fisicamente. Diversamente, la residenza, essendo il luogo di dimora abituale, è il luogo in cui la persona presenzia per il maggior tempo fisicamente. Inoltre per individuare la residenza si fa riferimento al concetto di centro degli interessi vitali, ovvero quel luogo in cui un soggetto ha stabilito non solo i suoi rapporti economici, ma tutti i rapporti attinenti alla sfera personale e sociale. Si può quindi affermare che il concetto di residenza risulta essere più ampio di quello di domicilio, potendo ricomprendere anche quest’ultimo.

Infine l’articolo 2 del TUIR indica un ulteriore requisito che bisogna considerare ai fini della residenza fiscale italiana, ovvero il requisito temporale. Occorre quindi analizzare in cosa consista l’espressione “per la maggior parte del periodo di imposta”, come tale periodo debba essere calcolato.

Per determinare come si calcoli il maggior periodo di imposta il documento di riferimento è la circolare 201/1996 del Ministero delle Finanze, il quale ha stabilito che il calcolo dei giorni varierà a seconda che l’anno sia bisestile o meno. Quindi, nel caso di anno bisestile i requisiti devono essere presenti per almeno 184 giorni nell’arco del periodo di imposta, nel caso in cui l’anno non sia bisestile, i requisiti dovranno essere presenti per almeno 183 giorno in riferimento al singolo periodo di imposta.

L’OCSE ha elaborato il criterio per il calcolo dei giorni da tenere in considerazione per determinare se un contribuente abbia o meno superato la soglia dei 183 o 184 giorni nel periodo di imposta.

Secondo la indicazioni contenute nel documento OCSE è da ritenere che i giorni di presenza fisica dovrebbero essere calcolati includendo:

  • una frazione di giorno;
  • il giorno di arrivo;
  • il giorno di partenza;
  • il sabato e le domeniche se sono trascorsi nello Stato in cui l’attività è esercitata;
  • i giorni festivi se sono trascorso nello Stato in cui l’attività è esercitata;
  • i giorni di ferie goduti nello Stato in cui l’attività lavorativa è svolta;
    • prima dell’esercizio dell’attività;
    • durante l’esercizio dell’attività;
    • dopo la cessazione dell’attività;
  • le brevi interruzioni all’interno dello Stato in cui le attività sono svolte;
  • i congedi per malattia, a meno che tale malattia non impedisca alla persona di lasciare il Paese quando avrebbe dovuto, altrimenti, diritto ad essere ivi esonerata dall’imposizione sui redditi da attività di lavoro dipendente;
  • giorni trascorsi nel Paese ove è svolta l’attività per le seguenti ragioni;
    • decesso o malattia di un familiare;
    • Interruzione dovuta a scioperi o serrate;
    • interruzioni dovute a ritardi nelle consegne;

Si è ritenuto invece di escludere:

  • la durata del tempo trascorso nel Paese in cui le attività sono esercitate, in transito tra due luoghi situati al di fuori di detto Paese, se la durata è inferiore a 24 ore;
  • i giorni di ferie passati al di fuori del Paese in cui sono esercitate le attività;
  • le brevi interruzioni (per qualsiasi motivo avvengano) che hanno luogo al di fuori del Paese in cui si esercita l’attività.

Conclusioni:

Il trasferimento all’estero, con conseguente modifica della residenza fiscale deve partire da un’analisi degli elementi sostanziali. Elemento alla base di tale analisi è sicuramente il centro degli interessi vitali. Un soggetto che si trasferisca all’estero per motivi di lavoro, ma non vi stabilisca il proprio centro vitali di interessi, composto non solo da aspetti economici, ma anche da relazioni personali e familiari, continuerà ad essere considerato residente in Italia, indipendentemente dalla sua iscrizione all’AIRE. Alcuni elementi indiziari che possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per ricondurre la residenza fiscale in Italia di un soggetto che soggiorna permanentemente all’estero sono: presenza di un appartamento in Italia disponibile per trascorrere periodi in Italia; intestazione di utenze di un appartamento, intestazione di un conto bancario in Italia periodicamente alimentato; spese sostenute in Italia in maniera eccessivamente frequente in considerazione dello status di non residente, partecipazione ad associazioni o club, con relativi tesseramenti; proprietà di veicoli con pagamento di assicurazione; presenza del proprio nucleo familiare in Italia, ad esempio moglie/marito che abbiano un lavoro in Italia, figli che frequentino scuole italiane ecc…

Tutti questi elementi devono essere valutati congiuntamente, e soppesati, al fine di poter pervenire dove la persona fisica abbia stabilito il proprio “centro degli interessi vitali”

    


Raffaele Marino
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